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costruì in pieno cuore delle Ande la prodigiosa città
di Tiahuanaco? Archeologi ed astronomi si interrogano su un sapere prodigioso.
Un viaggio in Bolivia dalle implicazioni sorprendenti.
È
passato poco
più di mezzo secolo dalla morte di Arthur Posnasky, il padre
dell'archeologia boliviana. Di origine tedesca e aspetto austero, negli
anni 20 fu il primo scienziato che si interessò ad uno strano
insieme di rovine nei pressi del lago Titicaca, situate a 3825 metri
di altezza e che fino a quel momento erano polo di attrazione solo per
i costruttori di ferrovie, che cercavano materia prima per le loro opere,
e commercianti di antichità. Posnasky fu il primo a rimanerne
incantato e la fortuna volle che possedesse una visione dell'archeologia
molto più avanzata dei suoi tempi, impegnandosi senza titubanza
a risolvere gli enigmi fondamentali: chi costruì quei templi?
Quali tecniche impiegarono per muovere oltre mille metri cubi di pietra?
Soprattutto: perché? Non essendo ancora stati inventati metodi
di datazione come il test al Carbonio 14, e ancor meno la termoluminescenza,
Posnasky provò ad arrivare ad una datazione studiando l'allineamento
dei monumenti di Tiahuanaco in relazione alle posizioni del Sole. La
sua tecnica era semplice: sapeva che il Sole non sorge mai due volte
nello stesso luogo ma si sposta lungo l'orizzonte in funzione di un
fenomeno conosciuto come "Precessione degli Equinozi". La
Terra orbita intorno al Sole leggermente inclinata sul suo asse e questo
fa sì che l'equatore celeste si trova inclinato rispetto al piano
orbitale. L'angolo formato da questo movimento si sviluppa progressivamente
in un ciclo di 41.000 anni, oscillando tra i 22,1° e i 24,55°.
Poiché un monumento è orientato con il sorgere del Sole
si può calcolare la differenza spaziale esistente tra il luogo
dell'orientamento originale e quello attuale, determinandone la datazione
con scarso margine di errore. Posnasky applicò questo principio
con accuratezza e determinò che l'angolo che si formava tra l'orizzonte
di Tiahuanaco nel momento della sua costruzione e quello attuale (23°
8' 48'') corrispondeva a un momento indeterminato del 15.000 a.C. Ben
centocinquanta secoli prima della nostra era! Quella sproporzionata
datazione, che non spaventò affatto Posnasky, lo forzò
a sviluppare una teoria secondo cui un'avanzata civiltà popolò
l'America molto prima di quanto supposto dalla maggioranza degli esperti,
che invece datavano Tiahuanaco ad un periodo compreso tra il 2000 a.C.
e il 900 d.C. In più, quella civiltà dalle avanzate conoscenze
astronomiche possedeva un calendario preciso che l'archeologo tedesco
credette veder riflesso nella Porta del Sole - un blocco di Andesite
di 45 tonnellate - e la capacità di posizionare monoliti di oltre
400 tonnellate - il doppio del peso dei giganteschi blocchi che formano
parte del Tempio della Sfinge a Giza, in Egitto - si estinse dopo un
cataclisma devastatore. Inevitabilmente emerse un nome per spiegare
l'origine culturale di Tiahuanaco: Atlantide. Questo fu il suo errore.
Le conclusioni di Posnasky furono criticate a causa delle sue elucubrazioni
su questo continente, accademicamente maledetto, e furono severamente
condannate dalla "seconda generazione" di archeologi boliviani
con Carlos Ponce Sanginés a capo. Dopo di loro una "terza
generazione" è emersa, capeggiata da Oswaldo Rivera, che
ha deciso di riaprire la porta ai calcoli di Posnasky e di controllarli
nuovamente alla luce delle moderne conoscenze astronomiche.
Un
98.8% da scoprire
Per questa
porta ho cercato di entrare. Ho trovato Rivera nel suo ufficio di La
Paz, dall'altro lato della strada dove è situato il Museo Nazionale
di Archeologia e l'ho intervistato poche ore dopo il mio arrivo in Bolivia.
Ho saputo così che all'inizio degli anni 90 Rivera venne nominato
direttore del INAR (Istituto Nazionale di Archeologia) e che, da questa
posizione, mise in moto una delle maggiori campagne di scavo e ricerca
mai intraprese a Tiahuanaco. Curiosamente, con tutti questi dati, Rivera
arrivò presto alla conclusione che tra i 12 e i 21 metri di profondità
esiste un'altra Tiahuanaco. Una città sepolta che dovette ospitare
la cultura originale del luogo... e per la quale la parola colonia atlantidea
è solo "una possibilità in più da considerare.
Questo luogo è così enorme e grande - spiega Rivera -
che abbiamo appena scavato un 1,2% della superficie. È chiaro
che con queste premesse non è scartabile nessuna ipotesi di lavoro".
J.S.:
Un 1,2%?
O.R.: Sì, è così - insiste. Tiahuanaco aveva un'estensione
urbana di 600 ettari, cosicché ogni qualvolta troviamo qualcosa
di nuovo restiamo a bocca aperta. Non abbiamo nessuna idea precisa di
cosa sia stato questo luogo.
J.S.:
Si conosce quando vi sorse la prima cultura?
O.R.: Fino ad ora abbiamo rilevato cinque periodi per Tiahuanaco, ed
esiste un'evidente relazione tra loro. Tuttavia non sappiamo se, come
è successo per la Grecia, troveremo presto una cultura pre-Tiahuanaco.
Alcuni dei calcoli più moderati per datare questa civiltà
arrivano a 27 secoli fa. Gli Inca, sommati al periodo coloniale spagnolo
e alla Repubblica, non sono nemmeno l'ombra di questa "moderata"
storia di Tiahuanaco.
J.S.:
Secondo il lavori di Posnasky, gli orientamenti astronomici di alcuni
monumenti di Tiahuanaco ci parlano di migliaia di anni di antichità.
O.R.: Sì, questo è certo. Il sito si
pone tra i settemila e i novemila anni di età, che risultano
essere la revisione più recente nelle date di Tiahuanaco.
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Le raccomandazione
di Javier Sierra

Le
pietre di Ica
Gli autori illustrano una scoperta sensazionale, che comporta la necessità
di riscrevere la storia dell'uomo sul pianeta Terra. Si tratta di una
vera e propria glittoteca -biblioteca di pietre incise- che traccia
una storia di una umanità vissuta 65 milioni di anni fa. Ica
é una località del Perù, sul fiume omonimo, non
lontano dai famosi altipiani di Nazca. La scoperta di questa straordinaria
ereditè della preistoria è stata fatta dal Dr. Javier
Cabrera, il quale curò l'imponente raccolta di pietre en il loro
museo di Ica.
(Cornelia
Petratu-Bernard Roidinger. Edizione Mediterranee, 1996)


Alla
scoperta del misterioso tesoro degli Inca
1532: Pizarro e i suoi 180 soldati conquistano il Perù con una
brutalità di cui si possono rintracciare i precedenti solo nelle
invasione barbariche che frantumarono l'Impero Romano. Imprigionando,
e poi assassinando, il sovrano Atahualpa, i "conquistadores"
spagnoli mettono fine all'Impero Inca. Tonnellate di metalli preziosi
prendono la rotta verso la Spagna. Però tuttavia una parte consistente
di questa inmensa quantità resta in Perù.
(Paolo
Cortesi. Newton & Compton Editori, 2001)
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